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Mentre sto preparando il programma della gita al Museo della Pipa del prossimo 15 novembre, mi accorgo che esattamente un anno prima abbiamo organizzato una cena in Valtellina con 6 magnifici piatti abbinati a 6 Laphroaig.
Il Bitto è, senza dubbio, uno dei simboli della produzione casearia lombarda: formaggio di grande tradizione e straordinaria attitudine all’invecchiamento, è legato in maniera profonda alle montagne da cui prende origine. Il nucleo storico della sua produzione si individua nelle valli formate dal torrente da cui prende il nome, le valli Gerola e Albaredo in provincia di Sondrio. Il formaggio che si produce negli alpeggi di queste valli, ad un altitudine che va dai 1.400 ai 2.000 metri, conserva delle caratteristiche speciali. I produttori, infatti, sono impegnati nel mantenimento di tutta una serie di pratiche tradizionali che esaltano la qualità del formaggio, oltre a svolgere un ruolo basilare nella conservazione dell’ambiente e della biodiversità alpina. Innanzitutto, si pratica il pascolo turnato: nei tre mesi di alpeggio, la mandria è condotta attraverso un percorso a tappe, che va dalla stazione più bassa a quella più alta. Lungo la via, i tradizionali calècc –millenarie costruzioni in pietra- fungono da baita di lavorazione itinerante, sempre a portata di mano, in modo che il latte non debba viaggiare, se non per pochi metri, e possa essere lavorato prima che il suo calore naturale si disperda.
GluGlu al museo del Bitto |
Forme di bitto da diversi alpeggi |
Siamo andati a visitare l'Associazione Produttori "Valli del Bitto", con sede in Gerola Alta. Il Presidente Paolo Ciapparelli ci ha accolti con il suo focoso entusiasmo, ci ha spiegato le tecniche e le problematiche di produzione, evidenziando come il mancato rispetto della tradizione possa portare alla distruzione di un eredità millenaria, fatta di persone e di natura. Le forme di Bitto vengono cedute dai soci all'Associazione che si occupa della loro maturazione. Attualmente presso la sede dell'Associazione ci sono oltre 2000 forme di Bitto in maturazione, da quelle appena prodotte a quelle che superano i 10 anni.
Ci ha quindi guidati in una degustazione di 4 tipologie di Bitto, facendoci comprendere le diversità del formaggio a secondo dell'alpeggio di provenienza e della durata dell'invecchiamento. Avremmo potuto abbinare il Bitto ad alcuni dram di Laphroaig - cosa che peraltro abbiamo già fatto con estremo successo su Islay durante il Feis Ile 2008 - ma abbiamo voluto rispettare la tradizione che vede il Bitto abbinato allo Sfurzat, vino secco e rosso ottenuto dalla vinificazione di uve nebbiolo passite.
E' possibile acquistare forme di Bitto dell'annata, lasciarle in maturazione presso la casera di Gerola finché arrivi l'apice della sua maturazione. Dal 15/11/08 c'è una forma di Bitto a nome GluGlu, impazienti attendiamo che l'uomo del monte dica sì!
Siamo quindi scesi a Morbegno alla Osteria del Crotto, dove lo chef Maurizio Vaninetti ci ha preparato un succulento menu di 6 portate abbinate ad altrettanti dram di Laphroaig. L'idea è stata quella di abbinare Laphroaig alla selvaggina Valtellinese, il risultato è stato sicuramente azzeccato ed accattivante. Complice la genialità di Maurizio e qualche goccia di Laphroaig come ingrediente, la serata si è subito riscaldata. Ma lasciamo spazio ai fatti.
Il "Islay 5" è un imbottigliamento privato del nostro amico Nadi Fiori, High Spirits - Rimini. E' la quinta delle sei bottiglie rilasciate (single malts e blended malts) tutte provenienti da distillerie di Islay. E' l'unico Single Malt Laphroaig di questa serie. E' un giovane spirito super-torbato con principali note secche che hanno ben compensato l'untuosità degli affettati di selvaggina.
Del Quarter Cask sappiamo già tutto, nel panorama dei Laphroaig è uno dei più facili da abbinare al cibo grazie alla componente sapida e marina smorzata dalla dolcezza del legno. La mousse di fagiano era semplicemente divina, un ottimo matrimonio.
Il Cairdeas segue le considerazioni fatte per il Quarter Cask, ma essendo un prodotto più strutturato è in grado di reggere piatti più impegnativi.
A mio giudizio il piatto e l'abbinamento migliore della serata. I maltagliati fatti con farina di polenta riescono a reggere il ricchissimo ragù. Il Laphroaig Cask Strength è stato in grado di esaltare ulteriormente gli aromi del piatto.
Questo è il pezzo da 90. Il presidente del GluGlu, complice una etichetta rovinata, ha deciso di mettere a disposizione un lussurioso Laphroaig Vintage 1970 imbottigliato da Samaroli. Il Laphroaig 1970 - distillato prima dell'aggiunta del grande spirit still - si è dimostrato molto accattivante e tropicale. La torba non era così intensa come nei recenti Laphroaig e sinceramente questo dram avrebbe potuto accompagnare anche un dolce a base di frutta gialla.
Infine, al dolce abbiamo abbinato un Laphroaig 19 anni finito in botti di rum. Questo whisky di Douglas Laing ha note di caramello ed è stato utilizzato anche come ingrediente della fondente. Le note di fumo e di castagna, e la minore sapidità, hanno dato al dolce piacevoli sfumature tostate.
Grazie a Maurizio, grazie agli amici del GluGlu, la serata ha dimostrato come sia possibile abbinare Laphroaig non solo alle ostriche o al sigaro, ma anche a piatti strutturati di carne.
Leggi la pagina sul sito del GluGlu Whisky Club
La parola Laphroaig è ripetuta in questo sito per alcune centinaia di volte.
Trova un punto in cui è scritta in modo errato, segnalacelo, e riceverai una mignon di Laphroaig 10yo in omaggio!
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